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Orrorin tugenensis Orrorin tugenensis 5,8 - 6,1 Kenia 2000
                                                                 
Orrorin tugenensis è uno dei più antichi reperti fossili di Hominini finora ritrovati, antenato ancestrale della linea che avrebbe sussessivamente portato agli ominidi e di qui al genere Homo. Unico rappresentante del genere Orrorin.

Classificazione scientifica:
Regno: Animalia
Phylum: Chordata
Classe: Mammalia
Ordine: Primates
Famiglia: Hominidae
Sottofamiglia: Hominiae
Tribù: Hominini
Genere: Orrorin
Specie: Orrorin tugenensis

I resti fossili furono scoperti nella zona collinosa delle Tugen Hills in Kenya. Attraverso la datazione radiometrica della lava e del tufo vulcanico, la correlazione faunistica e magneto-stratografica, gli strati in cui sono stati ritrovati i resti sono stati datati tra 6,1 e 5,8 milioni di anni fa, durante il Miocene. L' Orrorin potrebbe essere uno dei primi esempi di bipede.

Nel 2001 un team franco-keniota, guidato da Martin Pickford e Brigitte Senut, porta alla luce i resti fossili di una nuova specie di ominide, battezzata Orrorin tugenensis, prendendo il nome dalla parola kenyota Orrorin nome locale di un personaggio mitico che significa "uomo originale" e dalla zona dove è stata scoperta, la formazione di Lukeino nella zona delle Tugen Hills, in Kapsomin (Kenya).

Il primo ritrovamento era un frammento di mascella; tra ottobre e novembre 2000, vennero alla luce in tre differenti località altri dodici resti appartenenti ad almeno cinque individui diversi:
1 omero, 3 femori, di cui uno di piccola taglia, 1 falange di mano, 2 ossa di mandibola, 6 denti.

Dall' osservazione del femore la specie appare bipede: l'angolo tra la diafisi ed il collo del femore è di circa 120 gradi, come nell' uomo moderno, e ciò avrebbe permesso a questa specie di bilanciare maggiormente il peso corporeo sugli arti posteriori, consentendo così un'andatura bipede (nelle scimmie antropomorfe l'angolo è di 90 gradi e durante la camminata il peso si distribuisce su tutti e quattro gli arti). A parte questa caratteristica, l' O. tugenensis mostra adattamenti alla vita arboricola, come si evince dalle falangi poco ricurve delle mani, in modo diverso però da come fanno le odierne scimmie: il tugenensis probabilmente saliva e scendeva dagli alberi mantenendo la statura eretta a terra. I canini, la cui dimensione è a metà strada fra l'uomo e lo scimpanzé, testimoniano una dieta onnivora basata su frutta dalla buccia coriacea e da piccole quantità di carne. Le piccole dimensioni del terzo molare, secondo gli scopritori, sarebbe poi un indizio di un volto più piatto rispetto a quello di una scimmia. Nel totale il tugenensis appare relativamente più moderno rispetto alla sua età.

È proprio l'età dei fossili trovati a lasciare perplessi gli studiosi: la datazione preliminare si attesta su circa 6 milioni di anni, facendo del tugenensis uno dei ritrovamenti più antichi fra gli antenati della linea umana, se si considera che l' Ardipithecus ramidus è datato intorno ai 4,4 milioni di anni e l' Australopithecus afarensis (la famosa Lucy) intorno ai 3,2 milioni di anni. Gli unici altri reperti che hanno una data così antica sono l' Ardipithecus kadabba, scoperto nel 2000 ad Addis Abeba, ed il Sahelanthropus tchadensis, scoperto in Ciad nel 2002. Ma non tutti gli studiosi concordano con le datazioni.

Tramite la teoria dell' orologio molecolare, la separazione fra la linea evolutiva che ha portato all'uomo e quella che ha portato agli scimpanzé viene fatta risalire proprio intorno ai 6 milioni di anni fa, ed i tratti tipicamente umani del tugenensis fanno ritenere che esso si collochi all'inizio di questa separazione.

Gli scopritori dei reperti tendono a porre Orrorin tugenensis alla base della linea evolutiva umana senza riserve, mentre molti altri paleoantropologi, come Ron Clarke dell'Università di Witwatersrand a Johannesburg (Sudafrica), nutrono seri dubbi sull'esatta interpretazione dei resti fossili. Nuove indagini confermano l'antichità biomeccanica del bipedalismo, condivisa con Australopithecus e sostanzialmente invariante per 4 milioni di anni, fino alla base della linea evolutiva del genere Homo.